giovedì 26 maggio 2016

Live report 14 maggio - Traffic

One Leg ManBlindcatThe GamblerTipsy Road






Report  cura di: A. Hunt
Foto: Simone Serafini





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Prima edizione del Fire Fest, organizzato da Brothel of Sound agency e Rock On agency. Come al solito, quando si parla di questa accoppiata, la qualità delle band in gioco è veramente ottima, sia per quanto riguarda la produzione, che per la qualità della resa dal vivo. A dispetto del numero di band che hanno preso parte al Fest (cinque), la serata si è rivelata tutt’altro che pesante, con l’unico inconveniente di un’affluenza molto limitata, rispetto all’ottima qualità dei gruppi che si sono avvicendati sul palco. 

Tipsy Road           
Arrivano da Lugano, capitanati da una ragazza tutto pepe e suonano un Hard Rock “bello paccuto”. Nonostante la giovane età, sanno veramente il fatto loro. Aprono il proprio show, con una gran “botta”, sin dalle prime battute. Hanno sicuramente un bel suono ed il loro look non è da meno, rendendoli molto compatti anche nell’immagine, con il tastierista che inizia imbracciando la Keytar - strumento abbastanza insolito per il genere. Dimostrano sin da subito di sapere come si sta su un palco -anche se leggermente carenti nella gestione dei tempi morti - sfoderando melodie e linee vocali davvero molto piacevoli e fruibili, senza per questo mancare di grinta e tecnica. Sound molto classico ma altrettanto pompato dunque, per la band elvetica, con alla voce una Anissa Boschetti che sa regalarci quei bei “pulitoni” melodici, misti ad un graffiato davvero degno di nota. Christian Zatta, alla chitarra, unisce ad un suono potente e preciso, la sempre bene accetta capacità corale, senza per questo risparmiarsi su degli assoli davvero piacevoli e tecnicamente ineccepibili. Il basso di Simone Geronimi ha un suono veramente profondo. Bello e calibrato, mai fuori posto e sicuramente indispensabile, si lega perfettamente con la batteria ma anche con tutto il resto, rendendo l’ensamble veramente d’impatto. Elia Heutschi alla batteria, è sicuramente colui che definisce il concetto di potenza che la band vuole ottenere dal vivo. Ci da dentro come un forsennato, e dimostra di saper dirigere il passo dello show da vero professionista, sfoggiando potenza e tecnica. Le tastiere di Mauro Salazar, sono precise e melodiche con un’ esecuzione davvero pregevole, soprattutto tenendo conto di una serie di piccoli inconvenienti tecnici alla strumentazione, che costringono il fonico a salire sul palco durante lo show. Nonostante la sorte avversa, i nostri non si scoraggiano. Anzi, vanno avanti come treni, senza mai smettere di interagire con il pubblico. Particolarmente piacevole “the dreamer”, con cui i Tipsy Road hanno salutano il palco del Traffic.
In conclusione, una band da tenere sicuramente sotto osservazione, sia per la qualità della performance, sia per la qualità della musica che suona.

Setlist:
Hypnotized
Naked
Wraith
Call of the road
Bridge of fire
Lumination
Anna Lee
When all is silent
The dreamer

Lineup:
Anissa Boschetti: Voce
Christian Zatta : Chitarra
Mauro Salazar : Tastiera
Simone Geronimi: Basso
Elia Heutschi : Batteria

The Gambler               
Il quartetto romano, apre subito con un bell’impatto, tanto nella sezione ritmica, quanto in quella vocale, alla quale collaborano i tre quarti della lineup, immediatamente visibili da sotto il palco. Anche per loro, qualche piccolo inconveniente all’impianto, che comunque viene superato agilmente e senza generare confusione. Sin dalle prime battute, mostrano grinta e determinazione, con un insieme molto “southern”, mai innecessariamente tecnico e sicuramente impattante in fatto di stile e potenza. I nostri riescono a mantenere lo standard dell’energia trasmessa, durante tutto lo show - ahimè durato un po’ troppo poco, per questioni di tempistica - anche nei pezzi in cui il frontman Alessandro Iacobellis non suona la chitarra. Proprio su questi brani, Diego Barillaro, riesce a far cantare la sua durante gli assoli, senza che i pezzi perdano la propria intensità. Certamente, questa peculiarità dei The Gambler, è frutto della collaborazione fra i quattro e dell’ottima sincronia fra la batteria ed il basso di Silvia “Skull”, preciso e corposo. Non solo espleta egregiamente la propria funzione - a torto sempre un po’ sottovalutata - di strumento portante ma negli assoli dei pezzi ad una sola chitarra, assurge ad un ruolo realmente dominante.  Dylan Mantica dietro le pelli, riesce a dare quel tocco mortale senza il quale la band non sarebbe la stessa. Alla voce ed alla chitarra ritmica, un Alessandro Iacobellis quanto mai vigoroso con la sua voce graffiata, non si lascia intimorire dai tempi morti disseminati qua e la, per l’assenza di un soundcheck, che sostanzialmente costringe i musicisti a regolare i volumi fra un pezzo e l’altro, penalizzando molto la qualità - comunque notevole - dello show ed accorciandone, di fatto la durata effettiva.
Nonostante i suoni non fossero al massimo e la voce uscisse poco dal palco, questa esibizione dei The Gambler è davvero degna di nota. Lasciano il palco con un pezzo potentissimo e molto bello.

Setlist:
Intro
Dance of Jesus
Ask me
Outlaw
Ready to go
Proud Girl

Lineup:
Alessandro Iacobellis : Voce e chitarra
Diego Barillaro : Chirarra solista
Silvia Skull: Basso
Dylan Mantica: Batteria



Blindcat
Con il loro Hard Rock, dalla varietà stilistica confinante col metal di primo stampo, sempre mantenedo uno sguardo alla melodia, i Blindcat, si piazzano al centro della serata ed aprono, sul palco del Traffic, con uno stile compatto e dalla posa statuaria. Nonostante anche loro siano stati molto penalizzati dal mix, riescono ad esprimersi al meglio durante tutta la durata dell’esibizione. Anche per i Tarantini Blindcat formazione a quattro, che però vede il frontman libero dall’ingombro degli strumenti. Stilisticamente molto varia, questa band riesce a divertire e trasmettere energia, nonostante in alcuni momenti, i membri risultino leggermente “scollati”.Bellissimo e molto classico l’incipit del terzo brano.La voce di Gianbattista Recchia è “sporca” e piacevole. Mai fuori tono, canta con precisione senza mai strafare. La batteria di Emanuele Rizzi ed il basso di Pietro Laneve, si intrecciano perfettamente fra loro, lasciando le maglie della catena, larghe quanto basta da farvi passare attraverso la chitarra di Gallo tanto sulle ritmiche, quanto sugli assoli. Una particolare nota di merito, va alla scelta del look dei componenti che, al di la di quelle che possono essere le classiche “questioni di gusto”, appaiono coerenti fra loro e con ciò che eseguono sul palco. Bravissimi anche ad evitare perdite di tempo durante i cambi di accordatura, si esprimono attraverso un suono potente e dinamico che, a dispetto della classicità - e dell’ora - è molto fresco e interessante. Danno molto l’impressione di amare Alice Cooper e riescono a far reagire il pubblico durante gran parte dello show. Insomma, uno spettacolo ben congegnato e ben riuscito, quello dei Blindcat, che pur non essendo di casa sul palco del Traffic, si dimostrano pienamente padroni della scena, certi del ruolo che ricoprono.


Setlist:
The new farm
The black window
Fairland
What is the hell?
Pride
Evil mind
I will avenge
An ordinary day

Lineup:
Gianbattista Recchia: Voce
Domenico Gallo: Chitarra
Pietro Laneve: Basso
Emanuele Rizzi: Batteria

One Leg Man        

Un muro. Un pugno che ti arriva in faccia senza preavviso. Basterebbe questo a descrivere l’esibizione degli One Leg Man. Arrivano da Reggio Emilia, carichi di potenza, tecnica, ottima muisca ed una varietà stilistica che rende quasi impossibile identificarli con un genere preciso. Senza voler fare inutili graduatorie - anche perchè tutte le band che hanno preso parte all’evento  sono davvero meritevoli - trovo che questi ragazzi siano stati la sorpresa della serata. Semplicemente, non me li aspettavo. Dai primi secondi, Cristian Ceccardi, sfoggia un Growl mostruoso, alternandolo ad un cantato pulito di altrettanto rilievo, con una facilità davvero disarmante nei passaggi. Il Basso di Luca Bertani, La chitarra di Riccardo Sassi e la batteria di Riccardo Pinotti, non rimangono certo a guardare quanto a tecnica e qualità. Ritmiche piene e potenti, suoni profondi e precisi, scanditi da una batteria molto variegata e sanguigna. Insomma, lo show di questi quattro ragazzi è davvero di spessore. Nonostante la “pesantezza” dei pezzi, la melodia arriva all’ascoltatore in maniera fluida e precisa. La perfetta sincronia con le parti registrate, dimostra ampiamente che lo show è studiato nei minimi dettagli. Anche la parte scenica non è da meno. Senza strafare, gli One Man Leg, trasmettono la propria personalità di band in maniera molto diretta e compatta, unita alla capacità di sapersi prendere non troppo sul serio. Anche la gestione dei tempi tecnici è perfetta. La durata delle varie regolazioni non interrompe praticamente mai la performance o lo fa in maniera impercettibile. In controtendenza con la serata suonano un genere che oserei definire molto “americano”, considerata la tendenza attuale del metal nel nuovo continente. Sicuramente più vicini ad un metal di stampo moderno, piuttosto che al Rock classico, non sono comunque fuori posto, anzi. Sfoggiano pochi assoli, ben dosati e ben studiati, sicuramente d’effetto. La sintonia fra loro è talmente elevata che mi risulta difficile analizzarli uno alla volta, senza sminuire l’assieme. Anche la qualità della loro esibizione non è da meno; sembra di ascoltare un disco, ma col calore di uno show dal vivo. In definitiva, è una band che spero di rivedere presto sui palchi capitolini!

Setlist:
Freak
Deconstruction
ENN
Black Lamb
One Leg Dance
Bricks and Concrete
Vortex
Tomorrow Morning Impression

Lineup:
Cristian Ceccardi: Voce
Riccardo Sassi: Chitarra
Luca Bertani: Basso
Riccardo Pinottii: Batteria

Neverhush

Salgono sul palco con la stessa tranquillità, confidenza e voglia di divertirsi che si ha quando si esce con gli amici. Anche per loro, linea frontale a tre strumenti ma con una particolarità unica per la serata : la scelta dei testi in italiano. Molto bello sin dall’inizio lo scambio di voci fra Gudio Brunetti e Stefano Cascio, entrambi impegnati in voce e chitarra. Belli anche gli assoli. D’altra parte, con Davide Colombi dietro le pelli che, a dispetto della corporatura esile “mena” come fosse Dio ed il basso corposo e robusto di Gabriele Montemarà, è impossibile che la band perda energia quando le chitarre vogliono “sfogarsi”. E’ proprio questo che arriva dai Neverhush, che si raccontano attraverso la propria musica, in maniera melodica ma potente e rabbiosa - molto personale - trasmettendo tanta “strada”.
Molto intrigante la dicotomia Guido - Stefano, tanto nello scambio vocale, quanto in quello strumentale. Sono molto in sintonia fra loro - e con i propri strumenti -  al punto da rendere faticosa l’identificazione del frontman. Spesso, tutta la band si lascia andare a ritmiche larghe ed accattivanti, quasi a voler dire “non te move che te sto a guardà”. Però i Neverhush, sanno regalare al proprio pubblico anche melodie più tranquille e momenti in cui la voce graffiata di Guido, rimane da sola con la batteria di Davide. Anche i rari momenti di calo tecnico, vengono offuscati da una presenza scenica davvero invidiabile. Nonostante il genere molto “dritto” e regolare, le variazioni stilistiche non mancano.Un tuffo nel periodo d’oro dell’hard rock 
ma sempre molto moderni, i Neverhush hanno fatto davvero un bel colpo, sia nella sezione ritmica che in quella melodica, unendo alla linea vocale in lingua italica, la peculiarità di avere sostanzialmente due solisti che non sono mai in competizione fra loro, come a voler sottolineare che non sono tipi da uniformarsi agli standard. Si dimostrano una band capace di poter produrre qualche megawatt di energia. Ed è proprio così che si intitola uno dei brani più belli eseguiti durante lo show.Sicuramente, sono coadiuvati da una forte ’esperienza, che riesce a sopperire alle mancanze al mixer, quando le voci escono troppo poco o il basso è troppo tagliente.
La serata era davvero di alto livello e, sinceramente, dopo la quarta band, non mi sarei aspettato di ascoltare qualcuno in grado di catturare così tanto la mia attenzione come hanno fatto i Neverhush. Chiudono l’evento anche in maniera divertente, con un medley di pezzi molto conosciuti, giocando molto sul giro base dell’ultimo brano: “la fine”

Setlist:
Senza regole
Libero e ribelle
La luna
Schiavo
Mi arrendo
Energia
Il Circo
Perso
Autostrada
La fine

Lineup:
Guido Brunetti: Voce e chitarra
Stefano Cascio: Chitarra e voce
Gabriele Montemarà: Basso
Davide Colombi: Batteria

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