mercoledì 30 novembre 2016

Livereport 26-11-2016 - Roma Obscura - Traffic

Report e a cura di: Fabio Berserk



Nebbia Cremisi

“Tu nebbia sottile/immateriale (impalpabile) e di un grigio pallido (scialba – pallida, smorta), tu fumo che ancora scaturisci/emergi (rampolli) all’alba, tu assomigli a un fumo che si ha con lampi notturni e da crolli di frane nel cielo”.
La mia introduzione, presa da una poesia di Giovanni Pascoli, Nebbie, da ad intendere la serata per cui, voi lettori vi state accingendo a  partecipare ma vi prego seguitemi, non avrete nessuna delusione, se non emozioni macabre e cupe. A voi la scelta…….


Invernoir

La prima band  salire sul palco sono i Romani “Invernoir”, dediti ad un doom metal di stampo britannico. Anche suonando solo tre brani i ragazzi partono con il piede giusto e dimostrano subito di avere stoffa. L’intro, con il pianto di una donna sofferente, ricorda quello di meglio che hanno creato i My dying bride, con The angel and the dark river(capolavoro). Sono in procinto di pubblicare un album ma le aspettative date dai tre brani proposti fanno pensare ad un piccolo masterpiece. Anche l’approccio del singer è buono mi ricorda Nick Holmes nel primo periodo dei paradise lost come tutta la band (veramente pulito e potente nel suono) ma in chiave moderna con dei rifacimenti ai primi Anathema e my dying bride. La band non è mai sottotono in nessuno dei brani anzi, tutt’altro si può dire che finita la performance, sono rimasto deluso perché avrei voluto sentire altri pezzi. Veramente emozionale bravi ragazzi. I miei più vivi complimenti al biondo guitar hero Alex Invernoir per i suoi pregevoli riff e solos.

Line up:

Alex Invernoir: Guitar
Luca Soldati: Drums
Valerio Lippera: Bass
Lorenzo Carlini: Guitar
Sami El Kadi: Vocals

Setlist:
Mourn
Rule the instinct bare the pain
Gold Kills our dreams

Naga

E' il turno dei Naga, band proveniente dalla campania, che propone uno Sludge/Doom metal con tematiche sull’occultismo. Hanno due ep ed un full lenght alle spalle, non contando la band precedente Kill The Easter Rabbit più simile ai Celtic Frost. In sede live proporranno solo quattro brani, purtoppo, per dare spazio agli altri. Si prosegue decisamente in grande stile, in quanto questi tre ragazzi propongono un misto fra i primi Katatonia ed i Tryptikon, la creatura nata dalla mente di Thomas Gabriel Warrior, con rifacimenti black stile Naglfar/Dark Fortress quali al sottoscritto non possono che fare piacere. Ascoltando loro non posso che rendermi conto che il panorama italiano è colmo di band valide e loro ne sono un ulteriore prova. Le urla strazianti ed inferiche del singer Lorenzo de Stefano nonché chitarrista, ricordano i bei tempi del conte Varg Vikernes alias Grishnackh. Una prova veramente pregevole per questa band che come la precedente anche se nata da poco, sembra che suoni da una vita per il gusto, la pulizia del suono e gli arrangiamenti creati. Da segnalare Hyele e Hierophania dove i nostri cantori ci accompagnano negli abissi degli inferi come il traghettatore Caronte, a suon di colpi di batteria di Dario Graziano (un vero calamaro dietro le pelli capace di suonare finanche il tavolino). Non posso perciò esimermi dal rendere omaggio a questa band . Veramente Bravi e se ne è accorto anche il pubblico.

Line up:

Lorenzo de Stefano: Guitar, Vocals
Emanuele Shember: Bass, Effects
Dario Graziano: Drums

Setlist:
Hyele
The Path
Hierophania
Henn

Weeping Silence
Ora è il turno degli Weeping Silence, band proveniente da Malta. Che posso dire? In tutta onestà, non è mia intenzione stroncare una band, ma il paragone che viene fatto con i Sirenia ed i Tristania è oltremodo fuori luogo. La band in questione propone un gothic/doom metal. Suona da sedici anni, ha quattro album, un ep e due demo alle spalle. Per carità, l’esperienza c’è, anche la bravura, ma il genere che propongono, eccezion fatta per l’eccelsa produzione degli album è ormai saturo e su di esso, è stato speso tutto. Ho trovato alquanto anonimi i pezzi proposti. La cantante, anche se brava, c'entra poco con il genere che fanno. Sinceramente, in una band del genere, la troverei più adatta al ruolo di corista. Purtroppo band come Crematory, Kamelot sono anni luce sopra, per non parlare dei Tristania, ed un eventuale paragone con widow’s weeds non reggerebbe manco per idea. Soprattutto, all'interno della serata erano, a mio avviso, totalmente fuori contesto, avrei gradito molto di più la presenza dei Sacriversum, ad esempio - altro livello.
Purtroppo concludo con una frase…. bocciati.

line up:
Dario Pace Taliana: Vocals, Growl
Diane Camenzuli; Vocals Clean
Manuel spiteri: Guitars
Allison Ellul: Keyboards
Sean Pollacco: Bass
Mario Ellul: Guitar
Angelo Zammit: Drums

Setlist:
Oblivion
The Search within
Stormbringer
Eyes of the Monolith
Ivy Thorns
Gothic Epitaph

The Foreshadowing
Si cambia decisamente registro, oltretutto con una band romana. Signore e signori: i Foreshadowing. 
Sono dediti ad un gothic doom/metal veramente originale, con tematiche su morte, natura, scenari apocalittici e miseria. Sembra che i Katatonia di Brave murder days ,i Moonspell, i Tiamat ed i maestri del doom my dying bride si siano fusi in unica creatura delle tenebre proprio come il titolo del nuovo album: ”Seven Heads ten Horns”, uno dei capolavori del 2016 di cui ci delizieranno con i barni: seventeen e la suite “Nimrod”. Hanno alle spalle quattro album dal 2006 ma sembra che suonino da una vita. Che band ragazzi!!! Molto curati nel look – continuo a ribadire l'importanza di questo elemento- in stile Dark Tranquillity .Una band oltre che curare il suono deve fare lo stesso con l’estetica. I cinque brani estrapolati saccheggiano parzialmente i loro quattro album, peccato non abbiano suonato Oionos. La tastiera e la voce al minuto 4:10 sono da brivido. Hanno raggiunto una perfezione che solo i Moonspell in memorial erano riusciti a toccare. Non vi è un brano sottotono. Sembrano essere uno la prosecuzione dell’altro. I musicisti sono di una precisione e pulizia stellare. Alle pelli, troviamo Giuseppe Orlando vecchia conoscenza della scena romana e già batterista dei Novembre (che già di per se non è cosa da poco). Suona ogni parte della batteria con precisione ed una potenza tali da danneggiare la membrana del microfono, prontamente sostituito. Comunque come ho detto in separata sede a Francesco Sosto ed Alessandro Pace , rispettivamente tastiera e chitarra, sembra di assistere all'esibizione di una  band estera, tant'erano la dedizione e l’impegno profusi - come solo i veri professionisti sanno fare. Ascoltando il minuto 3:00 di “Nolitimere” è come se i Kamelot di Black Halo, quando c’era Kahn alla voce si fossero proiettati lì. La cosa che mi ha più sorpreso rispetto ad altre band meno blasonate sia italiane che estere, è che loro sono delle persone molto umili ed alla mano - questo è il vero spirito.
Non posso far altro che ricordare lo scroscio di applausi che ha seguito la loro splendida esecuzione e soprattutto la gente che era attenta e vigile al loro show come non mai e chiuderei con una frase citata nel loro ultimo album: 

“...Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, coperta di nomi blasfemi, con sette teste e dieci corna. La donna era ammantata di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle, teneva in mano una coppa d'oro, colma degli abomini e delle immondezze della sua prostituzione. Sulla fronte aveva scritto un nome misterioso: Babilonia la grande...”
(Apocalisse, 17:3-5)
Foreshadowing: i campioni della serata.

Line up:
Alessandro Pace: Guitars
Andrea Chiodetti: Guitars
Francesco Sosto: Keyboards, Backing Vocals
Marco Benevento: Vocals
Giuseppe Orlando: Drums

Setlist:
Eschaton
Seventeen

Hope she’s in the water
Nolitimere
Nimrod


Ahab
La serata ancora non è terminata. Riparte con la quinta band Ahab, proveniente dalla Germania, che propone un funeral doom con riferimenti alla letteratura ed la mare, come si evince dal loro nome, in onore al capitano Achab della nave Pequaod creazione dello scrittore Herman Melville, ossessionato dalla cattura della gigantesca balena Moby Dick. Discograficamente parlando hanno all’attivo quattro album , un demo ed un singolo.
Il loro sound malsano e salmastro - si avete capito bene - ci porta nei reconditi abissi dell’oceano, in quanto l’ultimo nato in casa racconta le gesta di marinai naufragati in un mondo di creature surreali e fantastiche, stavolta nate dalla mente malata dello scrittore Lovectaft, il mondo Di Chtulu. Ascoltandoli mi hanno ricordato un misto fra Nile, Evoken, ed Opeth  per la somiglianza della voce del singer con Mikael Akerfeldt ed una buona dose di sonorità anni settanta che non guasta mai. Il genere proposto è così monolitico ed ipnotico, che sembrava veramente di trovarsi sul fondo dell’oceano, intrappolati in un relitto attorniato da mostri e stramberie  marine. L’intento è riuscito. C’è chi non li ha apprezzati, chi è rimasto a bocca aperta , sò solo che era dalle 19 che ero in piedi, eppure dopo 6 ore ancora ero lì a non perdermi una nota. Sono band che, come i Foreshadowing, avrebbero dovuto proporre più materiale, ma non c’era abbastanza tempo per farlo. Dunque ci hanno deliziato con quattro brani di pura musica fatta con cuore, anima e sudore “salino”. Il traffic ci ha fatto dono di una band stellare che difficilmente avremmo visto a Roma molto facilmente. Non ho parlato di tutti i musicisti perché ciascuno è stato superlativo. In luoghi come Germania o nord Europa, in generale, hanno band paragonabili a gemme preziose. Aandrebbero ascoltate e conosciute invece di fermarsi sempre ai soliti tre , quattro gruppi. Che dire, un'altra grande band che suggella il patto stretto in onore alla buona musica.



Line up:
Cornelius Althamer: Drums
Chris Hector: Guitar, Lyrics
Daniel Droste; Vocal, guitar, keyboard
Stephan Wandernoth: Bass

Setlist:

Divinity of Oceans
Further South
To Mourn Job
The Hunt


Skepticism

Sinceramente, il momento in cui sono rientrato in sala, dopo il break della quinta band, mi sono ritrovato spiazzato dal look e dall’eleganza della band, in pieno stile goth.
Matti Tilaeus, il cantante, troneggiava al centro del palco e con quei vestiti, sembrava un incrocio fra Lindemann dei Rammstein, Marylin Manson – nel periodo dell' album The Pale emperor - ed il barone Sebastian Von Marburg della serie tv Salem. Non ho mai visto una folla così attenta al Traffic. Niente urla di gente che dicesse cose squallide o fuori luogo - temevo sarebbe successo - a parte un cretino che se ne è uscito con “novanta minuti di applausi”. Folgorato ed ammuttolito dal mio sguardo come da quello di buona parte degli astanti. Tuttavia, la gente si è gustate lo show per intero. E' stata un' opera in cui il singer, dopo ogni canzone, si inginocchiava di fronte al tastierista, prendendo delle rose bianche. Sei in tutto. Tre di queste, donate a delle fanciulle vicino al palco. Una, rotto il gambo e messo il bocciolo nel taschino, una posata sul piano ed un’ultima posata sul palco ed infine - a fine concerto - donata al sottoscritto, da  portare a mia moglie.
Il suono che è uscito fuori dalla serata soprattutto per la scelta delle canzoni era la cosa più opprimente e pesante che io abbia mai sentito. Dava veramente la sensazione del trapasso verso miglior vita ,dovuto probabilmente a the march and the stream dedicata ad una misteriosa Lia, moglie di uno dei membri deigli Skepticism e morta a soli vent’anni. Comunque è un incomprensibile e terrificante growl che domina la quasi totalità delle voci . Anche con i testi alla mano, sarebbe stata un’impresa riconoscere le parole. Il quid che permette a questa band di elevarsi sopra le altre è il preponderante utilizzo dell’organo - sempre presente anche come sottofondo - strumento che con i rantolii della chitarra ed il funereo uso della batteria, crea un’atmosfera di desolazione dove veniamo dilaniati dall’inquietante growl. I miei preferiti del genere sono gli Shape of Despair un po’ più accessibili, simili ai Type o negative -se mi è concesso - o gli Evoken. Gli Skepticism sono veramente i più pesanti e funerei che abbia mai ascoltato ma allo stesso tempo emozionanti, perché un musicista per essere bravo non deve per forza suonare a tremila come Malmsteen o come i Dragonforce. Si possono avere sensazioni anche con il funeral doom. Matti Tilausen e la sua band danno tutto se stessi con l’encore march incomplete e successivamente con closing music, dove un epico crescendo si avvicenda ad una teatralità da parte del singer, fuori dagli schemi. Al minuto sette, il suo recitare è un disperato urlo di rabbia contro la divinità che gli ha portato via l’amore della sua vita, che non riesce purtroppo a dimenticare. Il suo cuore appare colmo di dolore. Il brano finisce con un’unica frase: “There is only silence”. Bello! In quel momento, nessuno mi ha visto ma una lacrima ha solcato il mio viso ed è difficile che una canzone mi emozioni a tal punto. Questa band merita di più dello scroscio di applausi che ha avuto, in una sola parola meravigliosi.

Line up:

Lasse Pelkonen: Drums
Jani Kekarainen: Drums
Eero Poyry: Keyboards

Matti Tilaeus: Vocals


Setlist:
Sign of a storm
By silent wings
March October
Oars in the Dusk

The Arrival
The rising of the flames
Pendulum
The Departure
The march and the stream
(Encore) March Incomplete
Closing Music


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