lunedì 15 febbraio 2016

Recensione di Circadian Descent - Forgotten Prisoners

Artista: Forgotten Prisoners Disco: Circadian Descent Genere: Progressive Metal Durata: 78' Tracce: 9 Anno: 2016 Voto: 8.5 Potente, delicato, oscuro e complesso, senza essere complicato. Tecnico ed al tempo stesso appassionato. C’è veramente tutto quello che serve, in questo lavoro dei Forgotten Prisoners. Un disco che, nonostante la tecnica e la complessità, si lascia ascoltare ben più che volentieri, anche da chi non è un ascoltatore particolarmente patito del genere. Soprattutto in una giornata uggiosa come questa.
Ottima la scelta degli strumenti, in particolare nei suoni che, nonostante la modernità, richiamano inequivocabilmente le sonorità del progressive anni 70. Chiari ed inevitabili anche i riferimenti a band di spicco contemporanee come Dream Theater e Simphony X. Chiari ma mai scontati. Dosati sapientemente e mai stucchevoli. L’impercettibilità immediata del sintetizzatore, in alcuni momenti, ottiene il tipico effetto delle ghost notes, senza le quali, ogni traccia, per quanto valida, mancherebbe di quell’inspiegabile appeal, che questi ragazzi hanno infuso nel proprio lavoro.
Malinconico senza mai annoiare, questo concept, ci regala passaggi inaspettati e tuttavia coerenti, spaziando da spunti classici dell’heavy ad arpeggi ariosi e bui, passando attraverso il panorama prog e prog metal delle ultime quattro decadi.
La voce è a proprio agio e perfettamente in linea con il mood del disco.
Di certo, quello dei Forgotten Prisoners è un cantante che non ci si aspetterebbe di trovare in una band prog. Rompe totalmente con lo stereotipo del vocalist alla Labrie, divenuto ormai un’icona del genere.Voce graffiante e rabbiosa. Bello anche il basso, molto preciso e ben articolato. Si incastona alla perfezione nei silenzi e negli spazi, intarsiati da una chitarra che, nonostante i virtuosismi, oltre che suonare, racconta.
Interessante anche nelle parti parlate, questo disco è impreziosito dalle piccolissime imperfezioni, sparse qua e la, che sottolineano ancora una volta la veracità di questo lavoro.
Il concetto che da il nome al concept, è seguito in maniera abbastanza coerente sia dai testi che dall’umore generale della musica. Interessante la progressione con cui il lavoro si evolve, esplodendo nelle ultime quattro tracce.
Notevole anche l’artwork, con il quale si presenta il disco. La scelta di immagini e colori, sia all’interno, che all’esterno, risulta piacevole e ben congegnata, sia dal punto di vista della coerenza che da quello dell’estetica Aleister Hunt
Traccia più interessante: 07 - Ash in the Dust Sample track - The Passage

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